PER MIRCO MONTI QUARTA PARIGI-ROUBAIX.

BESOZZO “Regina delle Classiche”, conosciuta come “Inferno del Nord”, è nell’
immaginario degli sportivi come un’icona. Resistenza dei corridori e dei mezzi meccanici messa a dura prova da 27 tratti di pavè. L’arrivo nel catino di Bordeaux suggestivo. In gara, ma non sul sellino, bensì in auto a controllare gli atleti domenica c’era anche Mirco Monti comasco, commissario UCI, di Cadorago. “E’ stata la quarta volta della Parigi-Roubaix: due da presidente e due da commissario. Con 107 edizioni ha fatto la storia del ciclismo mondiale”.
Suggestiva dai preliminari. “Si respira già l’atmosfera con l’ammissione in corsa dei corridori”. Una sfida nella sfida. “Il mattino della gara, nell’area riservata ai meccanici, c’è tensione. Noi diamo uno sguardo alle biciclette
perchè non si utilizzino materiali non approvati”. Dei tratti in pavè.
“Difficile dire il più suggestivo. La Foresta di Aremberg quello più conosciuto, trampolino di lancio per una prima scremata. La corsa fra giganti si scatena 50 km dopo, all'altezza d'Ochies. Né prima della Foresta nè dopo il tratto d'Orchies, hai tempo però di pensare al fascino che sprigiona. Non ti accorgi essere in corsa preso a controllare. “Bruci tutto", quando per altri solo essere lì rappresenterebbe un appagamento senza fine”. Le difficoltà. “Le situazioni legate a cadute, forature, incidenti meccanici, ma anche a condizioni meteo. Domenica pavè asciutto, ma polverone terribile” . Vincerla?
“Bisogna anche essere fortunati. Cancellara bravissimo, Vanmarcke e Stybar altrettanto. Paolini maiuscolo, non avesse forato due volte negli ultimi 20 km. sarebbe stato nei dieci”. Come la vinci. “La capacità a saper pedalare in scioltezza, anche sul bordo, quasi accarezzando il pavè, correndo più con la testa che con le gambe, però di vuole forza è gara massacrante”. Un ricordo.
“Dovessi scegliere non avrei dubbi. Alla mia prima Roubaix, penso nel ’96, sulla pista del velodromo si presentò il trio Mapei (Museeuw-Bortolami-Tafi) e non ci fu volata. L’arrivo deciso a tavolino penso”. Pubblico straordinario, ma pericoloso. “E’ l’atmosfera che vivono quelli assiepati lungo i tratti di
pavè: pronti a rialzare chi cade, a tenere la bici mentre il meccanico cambia la ruota ad esultare per il corridore amico che passa, ma a volte li fanno anche cadere”. Un momento rimasto nel cuore. “Due anni or sono all’edizione Juniores (ultimi 60 km. uguali), quindi ho visto con calma la parte finale della "grande Roubaix". Ho impresso lo scoramento, la malinconia degli abitanti al momento del passaggio della vettura scopa. Per loro significava la fine di una giornata vissuta all'insegna del puro entusiamo, con la rassegnazione e la mestizia di chi ha visto rompersi il più caro ed amato dei giochi. Anche questa è la Parigi-Roubaix”. Dopo questo incarico. “A fine aprile il G.P. di Larciano poi il Toscana (designazione nazionale). Dal 13-16 giugno Les Boucles de La Mayenne (Fra) designazione UCI. In settembre sarò anche ai mondiali di Firenze”.